
Morire di Amazon? Per i negozi è l’ora di scegliere
Inutile sperare in un fallimento dell’e-commerce. I negozi devono decidere se subirlo o sfruttarlo.
È sbagliato pensare che Amazon fallisca. Non lo farà, perché l’e-commerce è il nuovo collante dei consumi. Per questo per i commercianti è il momento di scegliere se subire l’ondata dell’e-commerce, con le conseguenze sulle vendite e ancor più sui margini operativi, o se sfruttarla. In altre parole, anticipare Amazon sul proprio terreno. È questo il messaggio arrivato alle catene di negozi dal Consumer & Retail Summit 2014, organizzato da Mark Up e Gdo Week in collaborazione con Il Sole 24 Ore, a Milano.
Una ricerca di The Boston Consulting Group, presentata dal partner e managing director per l’Italia, Alberto Zunino, ha mostrato come alcune tradizionali dell’e-commerce siano già state superate. Negli Stati Uniti un paio di scarpe su dieci è acquistato online, e lo stesso vale per i ricambi per le auto. Percentuali ancora maggiori della penetrazione dell’e-commerce si hanno per beni come i fiori, i pannolini, gli articoli sportivi e i prodotti per ufficio. «L’online ha oramai dimostrato di essere efficace anche quando il prodotto é esperienziale, fresco, voluminoso, eterogeneo, abituale e commoditizzato», per dirla con i termini della ricerca. Soprattutto, ha dimostrato, di esserlo già ora. «Questo avviene – ha spiegato Zunino – perché i retailer stessi stanno già facendo investimenti in infrastrutture per fornire un buon servizio a prezzi competitivi». L’esempio limite riguarda proprio Amazon, che ha investito 13,9 miliardi di dollari di Amazon nei magazzini e ha comprato Kiva Systems, un produttore di robot specializzati nel trasporto merci.
Chi pensa che gli Stati Uniti siano lontani oggi ha ancora ragione. Se Oltreoceano le vendite online rappresentano l’8% del totale, percentuale che nel Regno Unito arriva addirittura al 12%, in Italia siamo fermi a un più modesto 2 per cento. «In Italia siamo lontani dai Paesi più avanzati, ma le potenzialità sono evidenti», aggiunge Zunino. «Stiamo andando “mobile” molto velocemente. Ci sono le condizioni per stimolare il canale». Mentre la diffusione della banda larga è molto inferiore a quella degli altri grandi Paesi occidentali, la quota di italiani che possiede uno smartphone posseduti è identica a quella di americani e francesi e di poco inferiore a quella dei britannici. Quanto possano essere cruciali i telefoni di ultima generazione per lo sviluppo dell’e-commerce lo testimoniano le centinaia di start-up nate nei Paesi emergenti sotto l’ala protettiva dell’incubatore-venture capitalist tedesco Rocket Internet. Il motivo è intuibile: tocchiamo lo smartphone, come ha detto una ricerca di OnePoll degli scorsi giorni, 221 volte al giorno di media e la crescita di traffico mobile è stata del 40% dal 2012 al 2013. Molto spesso sui telefonini ricerchiamo informazioni di prodotti, se è vero, come ha messo in evidenza una ricerca di Ernst & Young presentata durante il convegno, che il tasso di “info-commerce”, cioè la ricerca di informazioni sui prodotti attraverso internet prima dell’acquisto, arriva per alcune categorie al 95 per cento.