La gestione del commercio elettronico indiretto

Il commercio elettronico “indiretto”, ai fini Iva, rappresenta una cessione di beni. In particolare, tale tipologia di commercio, a differenza del commercio elettronico diretto, è assimilato alle vendite per corrispondenza, di conseguenza, ai fini della fatturazione vale la regola stabilita dall’articolo 22, comma 1, n. 1) D.P.R. 633/1972, secondo cui, l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione

Dal punto di vista pratico, ai fini Iva vengono applicate le relative norme interne, comunitarie e internazionali, in quanto, come accennato, trattasi a tutti gli effetti di una vera e propria cessione di beni, equiparabile a quella “classica”, in cui sussiste il contatto diretto tra cedente e cessionario.

Oltre alle disposizioni di cui all’articolo 22 D.P.R. 633/1972, per il commercio elettronico trovano applicazione anche le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera oo) D.P.R. 696/1996, secondo cui per tali operazioni, qualificabili ai fini Iva come interne, non sussiste nemmeno obbligo di emettere ricevuta/scontrino fiscale, per quanto concerne le operazioni interne.

Sebbene, come abbiamo appena visto, non sussista l’obbligo di fatturazione (se non dietro espressa richiesta del cliente stesso), ciò non rende del tutto esenti da adempimenti i soggetti cedenti. Infatti, rimane ferma:

l’annotazione dell’operazione di vendita sul registro dei corrispettivi;
l’istituzione, insieme al registro dei corrispettivi, del registro delle fatture emesse di cui all’articolo 23 D.P.R. 633/1972 nel caso in cui sia stata emessa fattura;
l’obbligo di accompagnare la merce venduta con documento di trasporto (DDT).
Come evidenziato dall’Agenzia delle entrate con la risoluzione 274/E/2009, seppur non sussista obbligo di fatturazione, chi esercita l’attività di vendita di beni online deve tener conto della possibilità che il contribuente restituisca la merce ricevuta (c.d. resi). Mancando la fattura, il venditore non può emettere la nota di variazione (articolo 26 D.P.R. 633/1972) poiché manca la fattura di riferimento da rettificare. In tale ipotesi, secondo quanto indicato in tale documento di prassi, per poter procedere con il “recupero” dell’Iva derivante dal reso del bene ceduto mediante commercio elettronico indiretto, il soggetto cedente deve fornire la documentazione che consenta di individuare gli elementi necessari a correlare la restituzione al medesimo bene risultante dal documento – che la società è tenuta a conservare – probante l’acquisto originario, quali:

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