L’e-commerce e la vendita di prodotti sottoposti ad accise

La pratica delle vendite online ormai risparmia pochissimi settori economici, se non addirittura nessuno, ma non tutte le tipologie di transazioni economiche concluse “telematicamente” sono riconducibili al concetto di commercio elettronico, giuridicamente inteso secondo le disposizioni di cui alla Direttiva 31/2000 e al D.Lgs. 70/2003 e/o sotto il profilo fiscale. I casi ai quali si vuole fare riferimento sono ad esempio:
la cessione di beni omaggio congiuntamente al bene principale (ad esempio qualche prodotto tester);
le prenotazioni di alberghi o simili;
l’acquisto di biglietti aerei online;
ed infine l’acquisto di prodotti sottoposti ad accise.
Per le prime – le cessioni di beni omaggio – abbiamo un’espressa esclusione ad opera dell’Agenzia delle Entrate (circolare 13/E/1994), secondo la quale per tali operazioni, non sussistendo la condizione di onerosità, non può trovare applicazione la disciplina delle vendite a distanza.L’acquisto e/o la prenotazione di camere di albergo e di biglietti aerei, come ricordato in più occasioni, ancora, dalla stessa Agenzia delle Entrate (circolare 36/E/2010 e circolare 37/E/2011) e stabilito dall’articolo 7, par. 3, Regolamento UE 282/2011 non rientrano nel concetto di commercio elettronico, in quanto in tali ipotesi il mezzo elettronico costituisce un mero strumento di raccolta delle prenotazioni e viene utilizzato come un mezzo di comunicazione equiparabile ad un telefono o ad un fax.
Per quanto riguarda, invece, le cessioni di beni sottoposti ad accisa (quali, a mero titolo esemplificativo, vino, alcolici, ecc.), si può affermare che, ai fini Iva, tali cessioni, seppur effettuate mediante l’ausilio di strumenti online (siti vetrina), non sono riconducibili alle vendite a distanza effettuate nei confronti di soggetti non dotati di partita Iva.
La seconda considerazioni doverosa in tale ultima ipotesi di vendita è che la cessione online a privati consumatori della UE dei beni soggetti ad accisa non è compito facile in Italia, in considerazione del fatto che tali operazioni sono soggette a particolari procedure, nonché adempimenti amministrativi sia ai fini Iva che per quanto riguarda l’assolvimento delle accise.
Sotto il profilo normativo Iva, per vendite di prodotti soggetti ad accisa, il luogo impositivo si desume dalle disposizioni della Direttiva 2006/112/CE (articoli 32, 33 e 34) che definiscono il presupposto territoriale delle cessioni di beni. In aderenza ai principi espressi nella citata direttiva, l’Agenzia delle Entrate, con la nota n. 20462 del 15.2.2013, ha stabilito che la territorialità di tali operazioni è subordinata al “soggetto” che esegue il trasporto dei beni in questione.
In particolare, come stabilito dall’articolo 41, comma 1, lett. b) D.L. 331/1993, per i beni soggetti ad accisa, il luogo di tassazione ai fini Iva deve sempre essere individuato nel Paese di destinazione, nell’ipotesi in cui il trasporto del bene in questione sia effettuato dal fornitore ovvero per suo conto (normalmente così avviene nella vendita di beni online)
Nel caso in cui, invece, il trasporto sia effettuato dal soggetto acquirente comunitario, nonché consumatore finale, tornano applicabili le regole “ordinarie” per stabilire la rilevanza territoriale dell’operazione di cessione, cui all’articolo 7-bis D.P.R. 633/1972, in base al quale l’assoggettamento ad Iva si realizza nel Paese ove si trova il bene al momento della cessione (Paese di origine).
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